ecografia morfologica santarcangelo rimini
Antonio Cavallo

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Ginecologo

Antonio Cavallo – miodottore.it

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Che cos’è l’ecografia morfologica?

L’ecografia è una tecnica che consente di vedere gli organi del nostro corpo con l’utilizzo di onde sonore ad alta frequenza (ultrasuoni, non udibili dall’orecchio umano) che attraversano i tessuti e producono echi che sono trasformati in immagini sul monitor, quando esse arrivano al feto producono echi che sono trasformati in immagini fetali sul monitor dell’ecografia.

Tutte le donne in gravidanza condividono un rischio generico di avere un bambino affetto da malformazione fetale che viene chiamato “rischio della popolazione generale”.

Questo è il motivo per cui tutte le donne vengono sottoposte in gravidanza ad esami ecografici di screening il cui scopo è quello di individuare, in una popolazione di feti apparentemente sani, quelli che sono a rischio di malformazione fetale al fine di offrire ad essi un percorso diagnostico idoneo. Le malformazioni fetali sono condizioni che complicano la gravidanza di 2-3 donne su 100.

L’ecografia morfologica (strutturale) viene eseguita al V mese (19° -21° settimana di gestazione) o anche più tardivamente dopo la 22° settimane (anche se con l’avanzare della gestazione il feto si esplora con sempre maggiore difficoltà) ed è il controllo più importante e complesso di tutta la gravidanza. Tale ecografia viene detta morfologica perché destinata a studiare la morfologia del feto per escludere, o accertare, la presenza di malformazioni.

Qualora infatti si identificassero patologie malformative potrebbe risultare determinante fare nascere il bambino in strutture particolarmente attrezzate allo scopo.

In alcuni casi selezionati di gravidanze può essere utile anche eseguire una ecografia pre-morfologica tra 16 e 18 settimane e ciò consentirebbe alla coppia di approfondire il quadro diagnostico con eventuali esami genetici, i quali richiedono sempre dei tempi più o meno lunghi.

L’ecografia morfologica prevede la valutazione della vitalità del feto, la valutazione della biometria, dell’impianto e della struttura della placenta, della quantità di liquido amniotico, ma fornisce  soprattutto uno studio analitico di tutti i distretti anatomici esplorabili nel feto.

L’ecografista osserva il feto con la maggiore attenzione possibile, visualizzando di norma i seguenti organi interni:

  • Cervello (quando possibile anche con il 3 D)
  • Faccia con osservazione del profilo (quando possibile anche con il 3-4 D), delle labbra e delle lenti del cristallino oculare
  • Colonna vertebrale (quando possibile anche con il 3-4 D)
  • Torace con osservazione del parenchima polmonare e della posizione del cuore
  • Cuore con studio delle 4 camere cardiache, emergenza dei grossi vasi con l’ausilio del color doppler, della frequenza e ritmicità del battito cardiaco fetale
  • Diaframma, per accertarne l’integrità, anche se i piccoli difetti a volte possono essere manifesti solo in epoche tardive
  • Addome con controllo della chiusura della parete e studio degli organi interni quali lo stomaco, la colecisti, il fegato e l’intestino
  • Apparato genito-urinario, con visualizzazione dei reni, della vescica e dei genitali esterni
  • Cordone ombelicale con la visualizzazione dei tre vasi e l’inserzione in addome
  • Arti superiori ed inferiori con visualizzazione delle ossa lunghe, delle mani e dei piedi (quando possibile anche con il 3-4 D)

Non tutti i quadri patologici sono diagnosticabili in utero, per i limiti intrinseci della metodica, è possibile che alcune anomalie fetali, anche gravi, non vengano identificate in epoca prenatale. La possibilità di individuare una anomalia non dipende necessariamente dalla gravità del difetto ma dalle sue dimensioni e dalla più o meno evidente alterazione dell’immagine ecografica che ne risulta.

L’accuratezza dello studio ecografico nella individuazione delle anomalie fetali può essere limitata dalla sfavorevole posizione del feto in utero (in questi casi è necessario ripetere l’ecografia dopo qualche ora o giorno per completare lo studio del feto), dalla ridotta quantità di liquido amniotico, dalla presenza di
altri fattori quali cicatrici addominali, gemellarità, nodi di mioma e scarsa penetrazione degli ultrasuoni
attraverso la parete addominale materna (condizione frequente nelle gestanti sovrappeso/obese).

Nel caso in cui venga evidenziato un reperto sospetto il medico esaminatore potrebbe richiedere una valutazione ulteriore presso un centro di riferimento per lo studio delle anomalie del feto (Ecografia di Riferimento).

Peraltro in un buon numero di casi un reperto sospetto all’ecografia di screening può rivelarsi non patologico all’esame di approfondimento.

Un gruppo di malformazioni a carico di ciascun distretto anatomico del feto (cosiddette evolutive) possono comparire solo in epoca di gravidanza avanzata o addirittura dopo il parto e non essere perciò rilevabile nel corso dell’esame ecografico di screening effettuato nel II trimestre.

Per tutti questi motivi, anche se un esame ecografico di screening del feto nel II trimestre si conclude con un esito normale (evenienza che si verifica nella maggior parte dei casi) non è possibile essere del tutto certi che in quel neonato non saranno presenti malformazioni congenite.

Antonio Cavallo – miodottore.it