Trattamento della Vulvodinia
Un’equipe interdisciplinare per affrontare cause e sintomi di una patologia che affligge le donne
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La vulvodinia è una sindrome non rara, secondo recenti studi può colpire il 15% delle donne nel corso della vita, caratterizzata da un malessere della zona genitale in assenza di alterazioni cliniche che ne giustifichino la presenza. L’assenza di alterazioni cliniche è essenziale per la diagnosi di vulvodinia.
La vulvodinia colpisce donne prevalentemente in età fertile (tra i 18 e i 40 anni), ma ne soffrono anche bambine e donne in pre-menopausa e in menopausa.
A seconda della zona in cui si presente il sintomo si divide in:
Localizzata
Generalizzata (nessuna zona specifica)
Il malessere della zona vulvare può essere percepito come sensazione di prurito, bruciore, irritazione o dispareunia (cioè il dolore durante i rapporti sessuali).
Talvolta sono descritti anche sintomi come dolore tipo coltellata, punture di spillo, scarica elettrica, a strappo o a crampo.
Spesso è presente una disfunzione dei muscoli del pavimento pelvico, questo giustificherebbe l’elevata presenza di sintomi associati come la costipazione, difficoltà nella minzione, aumento della frequenza urinaria, urgenza e incontinenza.
I sintomi posso essere quasi sempre presenti e indipendenti dalla stimolazione (vulvodinia spontanea) oppure provocati da tocco, sfioramento, pressione ecc. (vulvodina provocata).
Tutto ciò può condizionare pesantemente la vita quotidiana della donna che non riesce a indossare indumenti come jeans, costume da bagno, non può stare seduta a lungo o andare in bicicletta, non riesce ad avere una vita sessuale soddisfacente.
A seconda della zona in cui si presente il sintomo si divide in:
Localizzata
Generalizzata (nessuna zona specifica)
Il malessere della zona vulvare può essere percepito come sensazione di prurito, bruciore, irritazione o dispareunia (cioè il dolore durante i rapporti sessuali).
Talvolta sono descritti anche sintomi come dolore tipo coltellata, punture di spillo, scarica elettrica, a strappo o a crampo.
Spesso è presente una disfunzione dei muscoli del pavimento pelvico, questo giustificherebbe l’elevata presenza di sintomi associati come la costipazione, difficoltà nella minzione, aumento della frequenza urinaria, urgenza e incontinenza.
I sintomi posso essere quasi sempre presenti e indipendenti dalla stimolazione (vulvodinia spontanea) oppure provocati da tocco, sfioramento, pressione ecc. (vulvodina provocata).
Tutto ciò può condizionare pesantemente la vita quotidiana della donna che non riesce a indossare indumenti come jeans, costume da bagno, non può stare seduta a lungo o andare in bicicletta, non riesce ad avere una vita sessuale soddisfacente.
Le cause non sono completamente note, ma molte evidenze indicano un’origine complessa e multifattoriale. La vulvodinia può scatenarsi in seguito ad un trauma diretto (infezioni, microtraumi, allergie, un parto difficoltoso, un intervento chirurgico) o indiretto, in seguito a variazioni ormonali (come avviene con l’assunzione di contraccettivi, dopo un parto o in menopausa dove elementi organici si sommano in modo sinergico a fattori predisponenti (fattori genetici, psicologici).
Se lo stimolo infiammatorio persiste, i mastociti (cellule periferiche localizzate nel derma) diventano iperattivi, rilasciano sostanze infiammatorie nel tessuto circostante, determinando alterazioni a livello delle strutture nervose e scatenando un dolore neuropatico.
Il dolore quindi perde la sua funzione fisiologica di evitare o limitare un danno alla struttura di un organo e diventa patologico (dolore neuropatico), cioè persiste con una risposta alterata anche quando lo stimolo nocicettivo o il danno biologico è terminato.
Il trattamento ha l’obbiettivo di migliorare la qualità di vita della donna accompagnandola in un percorso di cura e di benessere psico-fisico.
Non esistente un protocollo ma un percorso personalizzato per ogni singola donna, per questo è fondamentale un lavoro di squadra tra diversi specialisti (ginecologo, fisioterapista, psicologo, nutrizionista, agopuntura).
Ad oggi è possibile affrontare la vulvodinia con diverse terapie che spesso vanno integrate:
Il ginecologo può impostare una terapia con farmaci per uso locale a base di estrogeni oppure con farmaci per uso sistemico che appartengono alla categoria degli antinfiammatori o degli antidepressivi. Questi ultimi, a dosaggi molto ridotti rispetto a quando utilizzati a scopo psichiatrico, hanno un effetto analgesico e anti infiammatorio, soprattutto sulle fibre nervose. È possibile anche l’utilizzo per via vaginale di farmaci normalmente assunti per via orale o l’infiltrazione locale di sostanze analgesiche.
Vestibolectomia che consiste nell’incisione e la rimozione di parte dell’epitelio del vestibolo con successiva ricostruzione. Durante questo intervento si ha l’escissione delle fibre innervate con conseguente interruzione dei sistemi di propagazione del dolore. E’ un trattamento di seconda linea, che viene impiegato quando tutte le linee di terapia conservativa falliscono. Il tasso di successo varia dal 60 al 93%.
La disfunzione muscolare del pavimento pelvico può essere causa, conseguenza, o sostenere la vulvodinia. Tale disfunzione muscolare si identifica in una condizione definita “overactive”, termine che identifica una condizione di ipertono di base e/o iperattività presente durante le attività funzionali del pavimento pelvico stesso. La fisioterapia e riabilitazione del pavimento pelvico sono una opzione terapeutica indirizzata a questa condizione muscolare.
Per la Medicina Tradizionale Cinese la maggior parte dei sintomi con i quali si presenta la Sindrome del Dolore Pelvico Cronico sono da riferire ad una stasi di Energia (qi) a livello del Bracere inferiore. Le cause possono essere diverse: costituzionali, emozionali, alimentari o da accumulo di fattore patogeno esterno, Tutte queste cause, in modo diverso possono portare ad una alterazione del movimento dell’Energia (qi) nei canali energetici.
Quando l’energia non fluisce liberamente nel corpo, quello è il momento in cui insorgono i sintomi. L’agopuntura ha la capacità di reindirizzare il giusto scorrimento del qi all’interno dei canali energetici e, così facendo, dissolve le stasi e i sintomi.
L’agopuntura è un trattamento della Medicina Tradizionale Cinese che grazie alla sua capacità miorilassante e antidolorifica può agire su molte delle cause della Sindrome del Dolore Pelvico Cronico (CPPS) siano esse disturbi urologici, ginecologici, colon-proctologici o psicologici.
Il trattamento consiste nell’infissione di sottili aghi sterili monouso in punti specifici del corpo che sono situati lungo i canali energetici. Il trattamento prevede una seduta a settimana nella fase iniziale, successivamente le sedute vengono diradate.
Il ruolo del nutrizionista nelle patologie uro-genitali e nel trattamento del dolore pelvico cronico oltre ad essere di tipo preventivo, trova indicazioni nella riduzione dell’infiammazione che accompagna questo disturbo.
Una dieta antinfiammatoria che agisca sulla modulazione delle prostaglandine, è la strategia da intraprendere, da una parte si avrà la limitazione degli alimenti pro infiammatori e dall’altra l’aumentato consumo di alimenti anti infiammatori e il mantenimento di valori glicemici costanti.
Spesso, questa situazione infiammatoria è strettamente correlata con alterazioni della flora batterica, chiamate disbiosi, che creano un ambiente favorevole per lo sviluppo di vaginiti, cistiti, stipsi e sindrome del colon irritabile.
Gli interventi proposti di carattere psicoterapeutico sono quelli volti alla diminuzione significativa del dolore, nonché un aumento del senso di salute fisica ed emotiva e sono:
1) EMDR
E’ un modello terapeutico di cui la parte caratteristica sono i movimenti oculari, indotti dalla stimolazione bilaterale prodotta dal movimento delle dita da parte del terapeuta o con un’asta luminosa. E’ una terapia che si basa sulla rielaborazione e che ha mostrato avere effetti su un gran numero di disturbi, come anche nel dolore cronico.
2) Mindfulness
E’ una delle tecniche più utilizzate nella psicoterapia in tutto il mondo. Deriva dalle pratiche di meditazione orientali specificatamente utilizzate nell’ambito medico clinico. Equipe mediche hanno poi sviluppato dei modelli adeguati da portare nelle strutture ospedaliere e negli ambulatori medici per poter portare, insegnare e lasciare entrare nel quotidiano di ogni interessato, questa tecnica, che si fonda sulla consapevolezza corporea. In questo senso alcuni la chiamano anche Bodyfulness.
3) Meditazioni Attive
Sono un tipo specifico di meditazioni che, come dice la parola, hanno una parte attiva. Il movimento del corpo abbastanza intenso permette una scarica delle tensioni spesso indispensabile per poter poi raggiungere uno stato di rilassamento in cui allenare le competenze di presenza mentale tipiche della meditazione classica.